Chievo, il club perfetto

Cari amici, oggi è uscito un mio articolo sul Chievo su Libero.

Ve lo riporto qui nella versione integrale. Buona lettura!


CHIEVO, IL CLUB PERFETTO



Sartori: “La nostra ricetta? Organizzazione, serietà e fantasia”






Verona – La favola bella non finisce. Ricomincia sempre, perché ogni volta sa ricominciare da zero. Il Chievo capolista è una sorpresa per molti, ma non per chi conosce da vicino la società guidata da Luca Campedelli. Mosca bianca del nostro calcio, dal bilancio senza rosso, il Chievo non fa mai proclami e va per la sua strada. Campione di fair-play sia sportivo che finanziario, ha sempre messo in campo serietà, lavoro e simpatia. Dietro le quinte, deus ex-machina dei gialloblù, c’è il direttore generale Giovanni Sartori, che festeggia 26 anni di Chievo, di cui 18 da dirigente.


Nove anni fa il Chievo arrivò in serie A e strabiliò il calcio italiano. Da allora i “mussi” hanno sempre volato, una sola discesa in B (2007-8), con pronta risalita. E adesso ancora in testa. Come fate?


“Tanto lavoro e organizzazione. Inoltre, da trent’anni il Chievo è sempre della famiglia Campedelli, una continuità che dà garanzie. E poi ci vuole fantasia, e la capacità di sbagliare poco.”


Il trait-de-union tra Campedelli padre e l’attuale presidente, è lei, che evidentemente sbaglia pochissimo.


“Sono stato fortunato, il presidente vide in me capacità da dirigente. L’obiettivo era arrivare tra i semi-prof, tutto quello che è successo in più non ce lo aspettavamo. Invece siamo qui e ci abbiamo preso gusto. Siamo stati anche fortunati con gli allenatori: se Del Neri oggi è alla Juve e Di Calo alla Samp, vuol dire che avevamo scelto bene. E poi abbiamo avuto Iachini, Malesani, Baldini.”


Lei c’era sempre, e molti se ne sono accorti: quindi è stato molto corteggiato, anche da grandi squadre. Pentito di non aver accettato?


“Neanche un po’. Qui è casa mia. Non cambierei per nessuna ragione al mondo.”


E’ vero che la nuova politica imposta dalla Fifa al Chievo è di casa?


“Per quanto riguarda i bilanci a posto e la limitazione degli ingaggi, sono cose che abbiamo sempre fatto. Le nostre uscite non superano le nostre entrate, semplice. Diciamo che abbiamo fatto di necessità virtù: non spendiamo, se non possiamo permettercelo. “


E la vostra specialità è anche lanciare o rigenerare giocatori scartati o poco valutati da altri.


“Ne abbiamo lanciati o rilanciati molti, che poi sono andati anche in nazionale (Perrotta, Le Grottaglie, Corradi, Barzagli, ndr). Magari potessimo tenerceli! Il vero sport del Chievo è far quadrare il bilancio, lamentarsi non serve. Mezza serie A, e tra questi noi, non ha altro obiettivo che salvarsi, per poter sopravvivere, altrimenti si perdono gli introiti derivanti da diritti tv e …ciao.”


Tanto per capirci: nel bilancio del Chievo (un totale di poco più di 20 milioni annui di ricavi) tali diritti pesavano fino allo scorso anno per il 63%, da questo campionato rappresenteranno ben il 78% dell’intero bilancio, mentre la vendita dei biglietti sarà il 7% degli introiti.


Il Chievo rappresenta un caso unico per molti aspetti. Ma come siete passati indenni da Calciopoli?


“Si capiva che c’era qualcosa di strano, ed è poi emerso. Bisogna stare attenti a tutto ed essere furbi, in senso buono. Noi cerchiamo di esserlo. Il Chievo va avanti per la sua strada, abbiamo una concezione pura dello sport. Diamo e pretendiamo lealtà e rispetto dei valori dello sport, dai nostri calciatori e da tutti quelli che lavorano con noi.”


E ora il Chievo dove vuole arrivare?


“L’obiettivo è immutato: salvezza al più presto. L’allenatore, che è Stefano Pioli e ci conosce bene perché ha allenato con noi qualche anno fa nelle giovanili, sa che gli chiediamo di far bene con quel che c’è.”


Ma siete primi!


“Godiamoci il momento.”


Niente proclami, come per far la squadra non si son fatte spese pazze: la cessione di Yepes al Milan e di Bogdani al Cesena ha permesso al Chievo di acquistare Jokic, Bogliacino, Cesar, Andreolli, Moscardelli, e di rifare la squadra, con il mercato un po’ a scoppio ritardato, come per tutti. Ma dice Sartori, “I miei veri colpi di mercato sono stati aver tenuto qui Sorrentino e Mantovani”. Poi magari si potrà anche pescare dalle giovanili: “Il nostro fiore all’occhiello, anche se a budget limitato, ma non possiamo parlare di “cantera” del Chievo, perché i giovani migliori ce li chiedono i grossi club. Abbiamo appena dato all’Inter quattro ragazzi del ’93 e del ’91. Ed è un orgoglio che alcuni dei nostri giovani vengano chiamati in azzurro, e che altri ci vengano richiesti da varie società: Sbaffo, per esempio, ha esordito con noi lo scorso anno e ora gioca in B col Piacenza. Significa che si è lavorato bene.”


Anche i giovani vanno poi ai grossi club, ma solo per far quadrare i conti: perché dal Chievo non se ne andrebbe mai nessuno. Chiedere a Moro, bandiera del Chievo dei miracoli e ora, finita la carriera, arrivato a far parte dello staff dirigenziale. Chiedere a Luciano, che dopo un’avventura interista, qui è tornato a mulinare chilometri e anche ieri è stato il migliore in campo. Chiedere a Pellissier, che avrebbe potuto prendere altri lidi (e più soldi), invece è qui, capitano di una favola. E si diverte.


Cambiano i giocatori e gli allenatori e il Chievo è sempre lì. Sarà anche l’ennesimo “anno zero”, come disse Campedelli presentando la squadra a luglio, ma non è un caso.






Antonella Antonello



















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